
Contrariamente a quanto si crede, per proteggere il bilancio familiare dall’inflazione non basta tagliare le spese, ma è necessario smascherare i ‘costi invisibili’ che erodono i risparmi in silenzio.
- Lasciare la liquidità ferma sul conto corrente causa una perdita di valore reale tangibile e prevedibile.
- Strategie apparentemente vantaggiose, come il consolidamento debiti, se mal applicate possono aumentare i costi totali invece di ridurli.
Raccomandazione: Adottare un approccio strategico che parta dalla protezione del capitale e dall’ottimizzazione delle spese strutturali, non dai piccoli tagli quotidiani.
La sensazione è fin troppo familiare per molte famiglie italiane: nonostante l’attenzione alle spese, le rinunce e i tentativi di mettere da parte qualcosa, il conto a fine mese è sempre più leggero. Si ha l’impressione di correre sul posto, mentre il costo della vita accelera. Questa frustrazione è la conseguenza diretta di un’inflazione persistente che agisce come una tassa invisibile, erodendo il valore del vostro lavoro e dei vostri risparmi. Molti consigli finanziari si concentrano su tattiche superficiali come “tagliare il caffè al bar” o “cercare le offerte al supermercato”. Sebbene utili, questi accorgimenti non sono sufficienti per contrastare un’erosione sistemica del potere d’acquisto.
Il problema non risiede quasi mai nella mancanza di disciplina, ma in una strategia finanziaria inadeguata al contesto attuale. La vera battaglia si combatte su un altro campo: quello dei costi strutturali invisibili, delle trappole della liquidità e delle decisioni finanziarie controintuitive che, senza che ve ne accorgiate, sabotano il vostro bilancio. Questo non è un problema di cattiva gestione, ma di mancata conoscenza dei meccanismi che oggi governano l’economia domestica. La chiave non è “risparmiare di più”, ma “proteggere meglio” il valore di ciò che si ha già.
Questo articolo non vi proporrà l’ennesima lista di rinunce. Al contrario, vi fornirà un piano strategico da consulente finanziario per analizzare, comprendere e neutralizzare le minacce silenziose al vostro patrimonio. Affronteremo punto per punto come ricalibrare il vostro approccio, dall’analisi del bilancio alla protezione dei risparmi a lungo termine, per trasformare la difesa passiva in una gestione attiva e consapevole del vostro futuro economico.
Per navigare con chiarezza attraverso questa analisi strategica, ecco la mappa degli argomenti che affronteremo. Ogni sezione è pensata per fornirvi strumenti concreti e una nuova prospettiva per rafforzare la vostra solidità finanziaria.
Sommario: Piano d’azione per la difesa del patrimonio familiare dall’inflazione
- Perché il vostro bilancio familiare va in rosso a fine mese nonostante le rinunce?
- Come applicare la regola del 50/30/20 con uno stipendio medio italiano?
- Conto deposito o Buoni Postali: dove parcheggiare la liquidità per spese impreviste?
- L’errore di consolidare i debiti che aumenta gli interessi totali del 20%
- Quando iniziare a risparmiare per l’università dei figli: la tabella di marcia ideale
- Perché lasciare i soldi fermi in banca vi fa perdere 3.000 € di potere d’acquisto in due anni?
- Perché gettare cibo scaduto vi costa l’equivalente di una bolletta luce ogni anno?
- Come proteggere 50.000 € di risparmi dall’erosione inflattiva senza rischi speculativi?
Perché il vostro bilancio familiare va in rosso a fine mese nonostante le rinunce?
La ragione principale per cui il vostro bilancio familiare non quadra, nonostante i sacrifici, è che state combattendo una battaglia contro nemici in parte invisibili. Non si tratta solo del prezzo del singolo prodotto che aumenta, ma di un’erosione silenziosa e costante del vostro potere d’acquisto su tutti i fronti. Piccoli aumenti su decine di prodotti e servizi quotidiani si sommano, creando un deflusso di cassa mensile significativo che spesso non viene percepito nella sua interezza.
Questo fenomeno, noto come inflazione percepita contro quella reale, maschera l’impatto cumulativo. Mentre la vostra attenzione si concentra sul taglio di una spesa evidente, come una cena fuori, sono i micro-aumenti su beni essenziali a prosciugare le risorse. Analizziamo l’impatto concreto di questa dinamica su una famiglia media italiana negli ultimi anni.
| Voce di spesa | Aumento 2021-2025 | Impatto mensile su famiglia |
|---|---|---|
| Spesa alimentare | +25% | +125€/mese |
| Bollette energia | +45% | +80€/mese |
| Trasporti | +15% | +45€/mese |
| Totale ‘invisibile’ | – | +250€/mese |
Come evidenziato, l’accumulo di questi rincari può facilmente raggiungere e superare i 250€ al mese, una cifra che annulla gli effetti di molte rinunce. Il fenomeno è così pervasivo che sta ampliando le fasce di vulnerabilità economica. Dati recenti mostrano che in Italia le persone in povertà assoluta hanno raggiunto il 9,8% della popolazione, il livello più alto degli ultimi dieci anni. Questa pressione non è distribuita equamente: tra il 2014 e il 2023, la spesa reale per le famiglie a basso reddito è diminuita dell’8,8%, quasi il triplo rispetto alle famiglie più ricche.

L’immagine di monete sparse su scontrini accartocciati è la metafora perfetta di questa situazione: ogni singolo scontrino sembra insignificante, ma la loro somma rappresenta una perdita di valore sostanziale. Il primo passo strategico, quindi, non è tagliare ancora, ma mappare con precisione questi costi invisibili per capire la reale entità del problema.
Comprendere che il problema non è la vostra gestione, ma un contesto economico aggressivo, è fondamentale per passare da una tattica di sopravvivenza a una strategia di protezione patrimoniale.
Come applicare la regola del 50/30/20 con uno stipendio medio italiano?
La regola del 50/30/20, che suggerisce di allocare il 50% del reddito netto alle necessità, il 30% ai desideri e il 20% al risparmio, è un eccellente punto di partenza. Tuttavia, applicarla rigidamente in Italia oggi, con uno stipendio medio e un’alta inflazione, è spesso irrealistico e frustrante. Il costo delle necessità, in particolare affitto, mutuo e bollette, supera di frequente il 50% del reddito, soprattutto nelle grandi città. Questo rende il modello inefficace se non viene adattato criticamente.
L’approccio strategico non è abbandonare la regola, ma ricalibrarla. L’obiettivo è trasformarla da un dogma a uno strumento diagnostico. Se le vostre necessità superano il 50%, la soluzione non è sentirsi in colpa, ma analizzare il perché. La vera sfida per le famiglie italiane è che la capacità di risparmio si è drasticamente ridotta. Secondo dati recenti, il tasso di risparmio degli italiani è sceso al minimo storico del 6,3% nel 2023, rendendo la quota del 20% un miraggio per molti. È quindi necessario un approccio più flessibile e realistico.
Ecco come un consulente finanziario adatterebbe la regola al contesto italiano:
- Ricalcolo delle percentuali: Se le spese essenziali assorbono il 60% o più del vostro reddito, non significa che il vostro budget è sbagliato, ma che il modello standard non è adatto a voi. Una ripartizione più realistica potrebbe essere 60% (necessità), 20% (desideri) e 20% (risparmio e investimenti), oppure, in situazioni più tese, 65/15/20. L’importante è proteggere la quota del risparmio.
- Inclusione di tutte le entrate: Nel calcolo del reddito netto mensile, non considerate solo lo stipendio. Vanno inclusi anche l’Assegno Unico per i figli, eventuali bonus governativi, rimborsi fiscali e altre entrate secondarie per avere un quadro completo delle risorse disponibili.
- Priorità al risparmio forzato: Invece di risparmiare “ciò che resta”, applicate il principio “paga te stesso per primo”. Non appena ricevete lo stipendio, trasferite automaticamente la quota di risparmio (anche se fosse solo il 10%) su un conto separato. Con uno stipendio di 2.000€, ad esempio, anche un 10% equivale a 200€ al mese, ovvero 2.400€ all’anno.
- Analisi trimestrale, non mensile: Le spese possono fluttuare. Invece di scoraggiarvi per un mese “sbagliato”, analizzate le medie su un trimestre. Questo vi darà una visione più stabile e meno emotiva della vostra capacità di spesa e risparmio.
L’obiettivo non è aderire a un modello, ma creare un sistema sostenibile che funzioni per la vostra specifica realtà economica e geografica, proteggendo a ogni costo la capacità di costruire un futuro finanziario solido.
Conto deposito o Buoni Postali: dove parcheggiare la liquidità per spese impreviste?
Una volta definita una quota di risparmio, sorge la domanda strategica fondamentale: dove allocare la liquidità destinata al fondo di emergenza? Lasciarla sul conto corrente equivale a una perdita certa a causa dell’inflazione. Le due opzioni più considerate dai risparmiatori italiani per la loro percezione di sicurezza sono i Buoni Fruttiferi Postali (BFP) e i conti deposito. La scelta, tuttavia, non è banale e dipende strettamente dall’orizzonte temporale e dalla flessibilità richiesta.
I Buoni Fruttiferi Postali, garantiti dallo Stato italiano, sono storicamente visti come il rifugio per eccellenza. Il loro principale vantaggio è la tassazione agevolata al 12,5% e la possibilità di rimborso del capitale in qualsiasi momento. Tuttavia, i loro rendimenti sono spesso modesti e legati a durate molto lunghe. I conti deposito, d’altro canto, offrono rendimenti lordi tendenzialmente più alti su scadenze più brevi (12-24 mesi), ma sono soggetti a una tassazione del 26% e possono prevedere penali o la perdita degli interessi in caso di svincolo anticipato. La scelta dipende quindi da un trade-off tra rendimento, flessibilità e fiscalità.

La visione di una fila ordinata in un ufficio postale rappresenta l’approccio tradizionale italiano al risparmio: prudente e orientato alla sicurezza. Ma oggi, la prudenza richiede un’analisi più approfondita delle opzioni. Per chiarire le differenze, analizziamo un confronto tra i principali strumenti per la liquidità.
Questa tabella, basata su un’analisi comparativa degli strumenti di risparmio, offre una visione chiara delle diverse caratteristiche.
| Prodotto | Durata | Rendimento lordo | Tassazione | Liquidabilità |
|---|---|---|---|---|
| Buoni Postali Ordinari | 20 anni | 2,25% | 12,50% | Sempre, senza perdite |
| BTP 20 anni | 20 anni | 3,50% | 12,50% | Soggetto a mercato |
| Buono Soluzione Eredità | 4 anni | 3,25% | 12,50% | Dopo 1 anno |
| Conto Deposito | 1-2 anni | 3,20% | 26% | Variabile |
Per un fondo di emergenza, la priorità assoluta è la liquidabilità senza perdite di capitale. Un conto deposito svincolabile o un BFP a breve termine potrebbero essere soluzioni più adatte di un BTP, che è soggetto alle fluttuazioni del mercato. La strategia protettiva consiste nel segmentare la liquidità: una parte immediatamente accessibile e una parte investita a breve termine per mitigare, almeno parzialmente, l’erosione inflattiva.
L’errore di consolidare i debiti che aumenta gli interessi totali del 20%
Il consolidamento debiti viene spesso presentato come una soluzione miracolosa per chi ha più finanziamenti in corso: un’unica rata mensile più bassa e una gestione semplificata. Sebbene possa essere una strategia valida, nasconde una trappola potenzialmente molto costosa. L’errore più comune, e strategicamente più dannoso, è consolidare indiscriminatamente tutti i debiti, inclusi quelli a tassi di interesse molto bassi, in un unico nuovo prestito con un tasso medio-alto. Questo può portare a un aumento significativo del costo totale degli interessi, anche del 20% o più nel lungo periodo.
Molte famiglie hanno in corso finanziamenti “agevolati”, come quelli per l’acquisto di un’auto a tasso promozionale (es. 3-4%) o prestiti finalizzati a condizioni vantaggiose. Accorparli in un prestito di consolidamento personale con un Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG) dell’8-9% significa, di fatto, scegliere di pagare più interessi su un debito che era originariamente a basso costo. La rata mensile più bassa è attraente, ma è spesso ottenuta allungando la durata del finanziamento, il che massimizza il profitto per l’istituto di credito e il costo totale per voi.
Studio di caso: La scelta strategica di Rosa
Rosa ha un finanziamento per l’auto di 15.000 € a un tasso agevolato del 3,99%, un prestito personale e una carta revolving con tassi molto più alti. Un consulente le propone di consolidare tutto in un unico prestito all’8%. Analizzando la situazione, si rende conto che includere il finanziamento auto aumenterebbe notevolmente gli interessi pagati su quella quota. Decide quindi per un consolidamento selettivo: accorpa solo il prestito personale e la carta revolving, mantenendo separato il finanziamento auto a basso costo. In questo modo, ottimizza la gestione dei debiti costosi senza peggiorare le condizioni di quelli convenienti.
Come sottolineano gli esperti di Eurorate nella loro guida, un errore comune dopo il consolidamento è l’accumulo di nuovi debiti, vanificando i benefici della ristrutturazione.
Un errore comune dopo il consolidamento debiti è l’accumulo di nuovi debiti.
– Eurorate – Consulenti finanziari, Guida al consolidamento debiti 2024
Prima di firmare qualsiasi contratto, è imperativo condurre un’analisi rigorosa. Questa checklist vi aiuterà a valutare se l’operazione è davvero vantaggiosa per voi.
Piano di verifica per il consolidamento debiti
- Inventariare i debiti: Elencare tutti i prestiti attuali, specificando per ciascuno capitale residuo, tasso (TAEG) e durata rimanente.
- Analisi comparativa dei tassi: Confrontare il TAEG del nuovo prestito di consolidamento con il TAEG di ciascun debito esistente.
- Calcolo del costo totale: Non fermarsi alla rata mensile. Calcolare il montante totale di interessi che paghereste con e senza il consolidamento.
- Verifica delle penali: Controllare i costi di estinzione anticipata dei vecchi prestiti, che potrebbero ridurre la convenienza dell’operazione.
- Considerare le alternative: Valutare opzioni come la rinegoziazione diretta con i singoli creditori o, per i dipendenti, la cessione del quinto dello stipendio, che spesso ha tassi più bassi.
La strategia corretta è quasi sempre selettiva: consolidare solo i debiti ad alto tasso di interesse (come carte revolving o prestiti personali) e mantenere separati quelli a condizioni vantaggiose.
Quando iniziare a risparmiare per l’università dei figli: la tabella di marcia ideale
Pianificare le spese per l’istruzione universitaria dei figli è una delle decisioni finanziarie più importanti e a lungo termine che una famiglia possa affrontare. L’errore più grande è posticipare, pensando che ci sia ancora tempo. A causa dell’inflazione composta, il costo di un percorso universitario tra 10 o 15 anni sarà significativamente più alto di oggi. Iniziare a risparmiare presto non è solo una buona abitudine, ma una necessità matematica per ridurre lo sforzo mensile e sfruttare il potere dell’interesse composto.
Il costo medio annuo per uno studente fuorisede in Italia, comprensivo di tasse, affitto, vitto e trasporti, si aggira già oggi intorno agli 8.000-10.000 euro. Proiettando questo costo nel futuro con un’inflazione media del 2,5%, la cifra necessaria per un ciclo di studi di 5 anni diventa imponente. Agire con largo anticipo trasforma un ostacolo quasi insormontabile in un obiettivo gestibile.
La tabella seguente illustra chiaramente come l’orizzonte temporale influenzi drasticamente l’impegno di risparmio mensile necessario per accumulare il capitale per un solo anno di università.
| Anni alla laurea | Costo annuo oggi | Costo stimato futuro (+2,5% inflazione) | Risparmio mensile necessario |
|---|---|---|---|
| 5 anni | 8.000€ | 9.050€ | ~150€ |
| 10 anni | 8.000€ | 10.240€ | ~85€ |
| 15 anni | 8.000€ | 11.600€ | ~65€ |
Questi calcoli (che non includono i rendimenti di un eventuale investimento) dimostrano un principio fondamentale: ogni anno di ritardo aumenta in modo non lineare lo sforzo richiesto. Iniziare quando il figlio ha 3 anni richiede un accantonamento mensile quasi tre volte inferiore rispetto a iniziare quando ne ha 13. La strategia ideale, quindi, non riguarda tanto “quale” prodotto scegliere all’inizio, ma semplicemente “iniziare”. Anche un piccolo importo mensile, se versato con costanza fin dalla prima infanzia, può creare una base solida.
La tabella di marcia ideale prevede di iniziare il prima possibile con un Piano di Accumulo del Capitale (PAC) su uno strumento diversificato (come un ETF azionario globale) e aumentare gradualmente i versamenti con la crescita del reddito, spostandosi verso strumenti più conservativi man mano che la data della laurea si avvicina.
Perché lasciare i soldi fermi in banca vi fa perdere 3.000 € di potere d’acquisto in due anni?
Uno dei più grandi paradossi finanziari per i risparmiatori italiani è la cosiddetta “trappola della liquidità”. In un clima di incertezza, l’istinto protettivo spinge ad accumulare denaro sul conto corrente, percepito come il luogo più sicuro. In realtà, in un contesto di inflazione al 5% o più, il conto corrente si trasforma in un acceleratore di perdite. Il denaro non “sta fermo”, ma perde valore ogni singolo giorno. L’apparente sicurezza del capitale nominale (la cifra che leggete sull’estratto conto) maschera una drammatica perdita di potere d’acquisto reale.
Il calcolo è spietato. Con un’inflazione media del 5% annuo, 50.000 euro lasciati sul conto corrente perdono 2.500 euro di potere d’acquisto in un solo anno. In due anni, la perdita cumulata supera i 4.800 euro, ben più dei 3.000€ citati nel titolo, che rappresentano una stima conservativa. In termini più semplici, con quei 50.000 euro oggi comprate un paniere di beni e servizi che tra due anni vi costerà quasi 55.000 euro. La vostra liquidità, pur essendo numericamente la stessa, non è più sufficiente. Questo fenomeno è confermato da analisi concrete: oggi, a causa dell’erosione passata, mille euro lasciati fermi valgono in termini reali appena ottocentotrenta euro.
Studio di caso: L’illusione della ricchezza nominale italiana
Un’analisi di Banca Generali ha evidenziato che la ricchezza media pro-capite degli italiani è aumentata nominalmente da 144.000 a 176.000 euro in undici anni. Tuttavia, se si ricalcola lo stesso dato al netto dell’inflazione, emerge una realtà opposta: un calo del 7,7% del valore reale. Questo dimostra in modo inequivocabile che “la liquidità nei conti correnti è alla mercé dell’inflazione, e il suo valore reale non può far altro che ridursi”.

Questa immagine simbolica di una clessidra che consuma le monete è la rappresentazione visiva di ciò che accade sul vostro conto. Ogni granello di sabbia che cade è un pezzo del vostro potere d’acquisto che svanisce per sempre. Non agire è una scelta finanziaria attiva, ed è la più dannosa di tutte.
La prima mossa strategica per proteggere il patrimonio non è cercare investimenti speculativi, ma spostare la liquidità in eccesso dal conto corrente a strumenti a basso rischio che possano almeno parzialmente compensare l’effetto dell’inflazione, come quelli discussi in precedenza.
Perché gettare cibo scaduto vi costa l’equivalente di una bolletta luce ogni anno?
Nell’analisi dei costi che erodono il bilancio familiare, lo spreco alimentare è uno dei più sottovalutati e, allo stesso tempo, uno dei più facili da aggredire. Gettare cibo non è solo un problema etico, ma un vero e proprio buco finanziario. Secondo le stime, una famiglia italiana media spreca cibo per un valore che può oscillare tra i 400 e i 500 euro all’anno. Questa cifra è spesso equivalente, se non superiore, al costo di una o due bollette della luce, trasformando il frigorifero in una fonte di spesa imprevista.
In un periodo in cui l’inflazione colpisce duramente proprio i beni di prima necessità, questo spreco diventa ancora più doloroso. I rincari più pesanti degli ultimi anni, come confermato da diverse analisi, colpiscono proprio i prodotti base della dieta mediterranea. Secondo un report di Allianz, pasta, olio e riso guidano la classifica dei rincari, costringendo molti cittadini a modificare le proprie abitudini e a spostarsi verso prodotti di qualità inferiore. In questo contesto, ogni grammo di cibo gettato è una doppia perdita: il denaro speso per acquistarlo e il valore nutrizionale perso.
La buona notizia è che ridurre questo spreco non richiede grandi capitali, ma un cambiamento di abitudini. Adottare un approccio strategico alla spesa e alla gestione delle scorte può liberare risorse significative. Ecco alcune strategie pratiche ed efficaci:
- Pianificazione della spesa “a ritroso”: Prima di fare la lista della spesa, partite da ciò che è già presente in frigorifero e in dispensa. Pianificate i pasti della settimana utilizzando prima i prodotti vicini alla scadenza.
- Comprensione delle etichette: Imparate la differenza cruciale tra “da consumarsi entro” (una data di sicurezza, tassativa per prodotti freschi come latte e carne) e “da consumarsi preferibilmente entro” (un’indicazione di qualità; il prodotto è spesso ancora buono dopo quella data).
- L’arte del riutilizzo: Riscoprite le ricette della tradizione italiana nate proprio per non sprecare, come le polpette di pane, le frittate di pasta o il pancotto. Trasformare gli avanzi in un nuovo pasto è un guadagno netto.
- Congelamento strategico: Avete comprato troppa verdura o carne in offerta? Porzionatela e congelatela immediatamente. Il freezer è il vostro migliore alleato contro lo spreco e vi permette di “bloccare” il prezzo d’acquisto.
Ogni euro salvato dallo spreco è un euro che può essere destinato al fondo di emergenza, al risparmio per i figli o semplicemente a ridurre lo stress finanziario di fine mese. È una delle vittorie più facili e immediate nella lotta per la protezione del potere d’acquisto.
Punti chiave da ricordare
- L’inflazione agisce come una tassa invisibile; lasciare liquidità sul conto corrente garantisce una perdita reale del potere d’acquisto.
- Le regole di budget come il 50/30/20 vanno adattate criticamente al contesto italiano, dando priorità assoluta alla quota di risparmio, anche se piccola.
- Decisioni finanziarie complesse come il consolidamento debiti richiedono un’analisi selettiva per non trasformare una soluzione in un costo maggiore.
Come proteggere 50.000 € di risparmi dall’erosione inflattiva senza rischi speculativi?
Arriviamo al cuore strategico della protezione patrimoniale: cosa fare con una somma significativa, come 50.000 euro, accumulata con fatica e ora minacciata dall’inflazione? L’approccio del “cassettista”, ovvero del risparmiatore che accumula liquidità per prudenza, è profondamente radicato nella cultura italiana. Un’analisi di Moneyfarm rivela che circa il 31% del portafoglio delle famiglie italiane è detenuto in liquidità, una massa enorme di circa 1.630 miliardi di euro esposta all’erosione. La prudenza è una virtù, ma in questo contesto economico, la vera prudenza consiste nell’agire in modo informato.
Proteggere 50.000 euro non significa necessariamente lanciarsi in investimenti azionari ad alto rischio. Significa costruire un portafoglio protettivo diversificato, che bilanci la sicurezza del capitale con la necessità di un rendimento che almeno mitighi l’inflazione. Un approccio non speculativo per un orizzonte temporale di 3-5 anni potrebbe essere così strutturato:
- 20% (10.000 €) – Fondo di Emergenza: Da tenere su un conto deposito svincolabile o in Buoni Postali a breve termine. La priorità qui è la liquidabilità immediata e la totale sicurezza del capitale.
- 40% (20.000 €) – Obbligazioni Governative a Breve-Media Scadenza: Investire in BTP (Buoni del Tesoro Poliennali) con scadenze tra i 3 e i 5 anni. Offrono un rendimento superiore alla liquidità, una tassazione agevolata al 12,5% e un rischio contenuto se portati a scadenza.
- 30% (15.000 €) – Conti Deposito Vincolati: Sfruttare le offerte sui conti deposito vincolati a 24 o 36 mesi, che spesso garantiscono i tassi più alti per la liquidità “parcheggiata”. È essenziale scegliere istituti solidi e diversificare anche su più banche.
- 10% (5.000 €) – Strumenti Indicizzati all’Inflazione: Considerare una piccola quota in BTP Italia o altri titoli di stato europei legati all’inflazione. Questi strumenti sono progettati specificamente per proteggere il capitale dall’aumento dei prezzi, offrendo una cedola reale più una compensazione basata sull’indice ISTAT.
È fondamentale capire i limiti di ogni strumento. I Buoni Postali, ad esempio, sono eccellenti per la sicurezza ma non per la crescita a lungo termine, come evidenziato dall’esperto Matteo Cadei.
I buoni fruttiferi postali, essendo per natura strumenti di investimento molto semplici, dovrebbero essere utilizzati solo dai risparmiatori/famiglie che vogliono far fruttare i propri soldi senza correre eccessivi rischi. Per obiettivi finanziari a lungo termine, come la pensione, l’università dei figli, o in generale la costruzione di un patrimonio, i buoni fruttiferi postali non sono sicuramente la scelta più adatta.
– Matteo Cadei, Aegis Scf – Analisi strumenti di risparmio
Questa diversificazione permette di non esporsi a rischi eccessivi, garantendo al contempo che la maggior parte del capitale lavori per voi, generando un rendimento che si contrappone alla perdita di valore imposta dall’inflazione. Per una consulenza personalizzata, è sempre consigliabile rivolgersi a un consulente finanziario indipendente che possa adattare la strategia alla vostra specifica propensione al rischio e ai vostri obiettivi.